E’ AMMISSIBILE UNA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO DI UNA SOCIETA’ CON CONCORDATO PREVENTIVO OMOLOGATO E INADEMPIUTO SENZA LA PREVENTIVA SUA RISOLUZIONE???
Con l’ordinanza 8919 del 2021 (rel. Amatore, pres. Cristiano) si è rimesso al Primo Presidente, ai fini dell’eventuale assegnazione a Sezioni Unite, la questione, reputata di particolare rilevanza, circa l’ammissibilità della dichiarazione di fallimento di un’impresa ammessa ad un concordato omologato e non eseguito, senza la preventiva risoluzione di quest’ultimo.
Al riguardo, si evidenzia, nell’ordinanza, la tesi della dichiarabilità del fallimento omissio medio sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 17703/2017 e Cass. 29632/2017) secondo cui, in conseguenza del venir meno di ogni automatismo tra risoluzione del concordato e fallimento, è senz’altro ammissibile una dichiarazione di fallimento di un debitore insolvente commerciale con concordato preventivo omologato ove l’istanza abbia ad oggetto l’inadempimento di debiti già sussistenti alla data del ricorso ex art.160-161 l.f. e però modificati con detta omologazione, essendo, tale dichiarazione, condizionata dal precetto di cui all’art. 184 li. e, dunque, dalla risoluzione del concordato preventivo, solo se l’istante facesse valere non il credito nella misura ristrutturata (e dunque falcidiata), ma in quella originaria. Tesi quest’ultima accolta implicitamente da altre pronunce di legittimità le quali, spingendosi oltre, hanno ammesso la dichiarazione di fallimento anche prima del decorso del termine per chiedere la risoluzione (Cass. 26002/2018; Cass. 12085/2020).
Secondariamente, l’ordinanza riporta la tesi dottrinale in pieno disaccordo: essa esclude la possibilità di dichiarare il fallimento senza la preventiva risoluzione di un concordato omologato inadempiuto, facendo leva sulla i) mancanza di una disposizione, come quella prevista dall’art. 162, co. 2 l.f. o 173, co. 2 l.f., che autorizzi i soggetti, legittimati ai sensi degli artt. 6 e 7 I. fall., a chiedere la “conversione” in fallimento di un concordato inadempiuto ma non risolto; ii) specialità dell’art. 186 l.f. rispetto all’art. 6 l.f.; iii) possibilità per i creditori di agire esecutivamente sui beni del debitore e iv) sulla rimozione dello stato di crisi o insolvenza per l’operare dell’effetto esdebitatorio dell’omologazione.
L’ordinanza rimette, dunque, la risoluzione dell’anzidetta questione, sottoponendo alle SS.UU. anche problematiche applicative e sistematiche collegate al quesito centrale.
A tempo debito, osserveremo da vicino l’intervento delle Sezioni Unite. STAY TUNED!
Dott.ssa Anna Masi