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Onere probatorio: Artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972.

Massima: Il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e art.51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni bancarie a fatti imponibili; pertanto il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione, , mentre gli accertamenti bancari assumono, da soli, una significativa valenza probatoria, determinando una presunzione iuris tantum che i relativi movimenti bancari si riferiscono ad operazioni imponibili, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

Sentenza del 23/12/2020 n. 1112 – Comm. Trib. Reg. per le Marche Sezione/Collegio 3
Intitolazione:
Onere probatorio.
Artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Massima:
Il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e art.51 del
d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni bancarie a fatti
imponibili; pertanto il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione, , mentre gli accertamenti bancari assumono, da soli, una significativa valenza probatoria, determinando una presunzione iuris tantum che i relativi movimenti bancari si riferiscono ad operazioni imponibili, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.
Testo:
Il contenuto della presente sentenza si adeguerà al canone normativo dettato dal n. 4) del secondo comma dell’art. 132 c.p.c. e dalla norma attuativa contenuta nell’art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice processuale civile, applicabili anche al processo tributario, le quali oggi – a seguito della legge 18/6/2009 n. 691- dispongono in generale che la motivazione debba limitarsi ad una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e quindi decisa in applicazione del noto principio della ragione ”più liquida”, principio giuridico oramai consolidato in giurisprudenza per evidenti motivi di economia processuale (v.ex multis Cass.ss.uu. 26242/2014).
Il contribuente contesta

  • i maggiori ricavi derivati da vendite di immobili di nuova costruzione come accertati in euro 264.898,91 dalla GdF in
    base a verifica eseguita su ordine della Procura di Fermo a seguito di esposto in un acquirente;
  • i maggiori redditi (ex art. 32 dpr.600/3 c. l n° 2 e art. 51 c.2, n° 2 dpr 633/72) accertati successivamente e
    separatamente dall’Agenzia delle Entrate dir. di Fermo, all’uopo debitamente autorizzata dal Direttore dell’ADE distrettuale delle Marche, derivanti da versamenti e prelevamenti bancari non giustificati per complessivi euro 2.414,409,33 (di cui euro 1.141837,94 per prelevamenti ed euro 1.272.571,39 per versamenti- ivi ricompresi i maggiori ricavi accertati dalla GdF con il citato pvc) e quindi accertava un maggiore reddito di impresa ex art. 39 c. l lett. DPR 600/73 assommando alle poste anzidette la somma di euro 14.181,79 per costi indebitamente dedotti come rilevato nel pvc dalla GdF;
  • e quindi le maggiori imposte IRPEF+ addizionale, IRAP e IVA reclamate. Assumeva il contribuente che in sede di verifica (parziale) della GdF, scaturita a seguito di esposto di un acquirente di immobile che denunciava la sotto fatturazione da parte del contribuente-venditore dell’appartamento compravenduto,
    lo stesso aveva prodotto alla Autorità procedente tutta la documentazione contabile in suo possesso per cui se la GdF non aveva accertati maggiori redditi evidentemente vi era corrispondenza tra i prelevamenti e i versamenti per cui in sede contenziosa proponeva con ricorso l’annullamento parziale dell’atto impositivo e la rideterminazione di un maggior reddito pari ad euro 166.822 ai fini IRPEF e IRAP e maggiore IVA a rettifica per euro 8.519. E aggiungeva che la stessa Agenzia (a cui ovviamente insieme al pvc era stata trasmessa anche la contabilità) fosse stata nella possibilità di verificare la corrispondenza della stessa con i versamenti e i prelevamenti bancari, senza ulteriori oneri a carico del ricorrente.
    L’Ufficio resiste assumendo la legittimità del proprio operato e quindi chiede il rigetto del ricorso e la conseguenziale conferma dell’atto impositivo opposto assumendo che fosse onere della parte provare che le operazioni incriminate erano state riportate in contabilità e contabilizzate ai fini della determinazione del reddito. La CTP accoglieva il ricorso e rideterminava il reddito del contribuente negli importi da quest’ultimo proposti e superiormente riportati- compensava le spese.
    Appellava l’Agenzia lamentando che i primi giudici non avessero fatto buon governo dei principi di cui all’art. 32 dpr 600/73 e 51 dpr 633/72 per cui, in accoglimento del gravame proposto, chiedevano la integrale riforma della sentenza di 1° e quindi la conferma dell’avviso di accertamento- con il favore delle spese.
    L’appellato restava contumace.
    La causa veniva discussa nella pubblica udienza del 30 settembre 2020 e contestualmente decisa.
    MOTIVAZIONE
    L’appello è fondato e merita accoglimento.
    L’esame della contabilità non consente di per sé sola, in assenza di adeguate, comprovate e chiare specificazioni fomite dal contribuente, di potere valutare compiutamente il titolo sottostante su cui si basa base la movimentazione bancaria contestata dall’AGE a mente dell’art. 32 cit. (sia sotto il profilo dei prelevamenti che dei versamenti) al fine di verificare il loro eventuale inserimento in contabilità e la loro inerenza; a tale scopo necessita che il contribuente fornisca analiticamente per ogni operazione bancaria contestata dall’Ufficio le ragioni sottostanti su cui ogni operazione si fonda.
    E tale prova specifica e analitica potrà e dovrà essere fornita solo dal contribuente onde consentire all’AGE prima e al Giudice poi un attento, preciso e analitico esame al fine di verificarne la correttezza fiscale sia sotto il profilo del loro effettivo inserimento nella dichiarazione tributaria che sotto quello della loro inerenza. E tale onere a carico del contribuente non potrà ritemersi assolto con la semplice produzione di documenti contabili i quali, di per sé soli, non consentono, una esatta valutazione di ogni singola operazione bancaria contestata ai fini che occupano (provenienza delle somme movimentate ed estraneità dai fatti aziendali).
    Secondo l ‘insegnamento della Corte di Cassazione, condivisa da questo collegio non rinvenendo validi motivi per doversene discostare, ” il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni bancarie a fatti imponibili; pertanto il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass. 3 maggio 2018, n. 10480), mentre gli accertamenti bancari assumono da soli una significativa valenza probatoria, determinando una presunzione iuris tantum che i relativi movimenti bancari si riferiscono ad operazioni imponibili con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente (in questo senso anche Cass. 30 dicembre 2015, n. 26111; 5 maggio 2017, n. 11102)” CORTE DI CASSAZIONE- Ordinanza 14
    ottobre 2019, n. 25733.
    Onere che nel caso di specie non risulta essere stato assolto dal contribuente.
    Pertanto legittimo è l’operato dell’ufficio per cui, assorbita ogni altra questione, la sentenza di prime cure va riformata e per l’effetto respinto l’originario ricorso del contribuente.
    Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
    P. Q. M.
    la CTR accoglie l’appello e condanna il contribuente alla rifusione delle spese di lite liquidate in complessivi euro7.500,00 oltre accessori.

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