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Lavoro di pubblica utilità ai fini della sospensione del procedimento penale con messa alla prova

Fonte: CFNews – Cassa Forense

L’istituto de quo, già protagonista nell’ordinamento processuale italiano in ambito minorile, è stato esteso dalla legge n. 67/2014,  su stimolo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza c.d. Torreggiani e altri c. Italia dell’8 gennaio 2013, al rito nei confronti degli adulti ed è disciplinato, essenzialmente, dagli artt. 168 bis e ss. del c.p. e nel Titolo V bis – Libro VI- del c.p.p. introdotti dalla norma citata.

L’istituto, rivolto agli indagati e/o imputati e/o per reati puniti con pena edittale non superiore nel massimo a quattro anni di detenzione, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti di cui all’art. 550, comma secondo del c.p.p., rappresenta una modalità alternativa di definizione del procedimento penale, attraverso la quale è possibile pervenire ad una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato, all’esito positivo della messa alla prova, la cui concessione è subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità.

Un approccio nuovo ed alternativo, cui partecipa tutta la comunità ed ispirato alla funzione di riparazione sociale e individuale dei torti connessi alla consumazione del reato.

L’A.N.F., al fine di favorire una nuova sensibilità ed una nuova visione del sistema penale, in data 7 ottobre 2020 ha sottoscritto con il Ministero della Giustizia una convenzione nazionale per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, ai fini della sospensione del procedimento, con messa alla prova degli imputati e/o indagati adulti presso le sedi delle associazioni territoriali aderenti.

Tra le sedi aderenti quella di Roma, che da oltre due anni, sulla base di un Protocollo di Intesa tra la Presidenza del Tribunale, la Direzione dell’Ufficio Interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna del Lazio, Abruzzo e Molise ed i Presidenti del COA e della CP di Roma, già gestiva lo Sportello Telefonico di Messa alla Prova (c.d. MAP), volto a diffondere sia tra i difensori che le parti private la cultura della c.d. Giustizia riparativa e di comunità.

La convenzione costituisce ora un ulteriore e fondamentale passo in avanti nella direzione di un sistema penale sempre più orientato verso la promozione dei valori della cultura, legalità e solidarietà, di cui la sospensione del procedimento con messa alla prova è espressione, mentre il lavoro in favore della comunità ne costituisce uno dei principali strumenti.

Proprio l’esperienza degli Sportelli e dell’Osservatorio è stata di stimolo al progetto. 

Considerato anche l’incremento, da meno di 5.000 messi alla prova del 2015 a circa 30.000 alla fine del 2019 e altrettante domande in fase di istruttoria, l’adesione all’accordo da parte dell’Associazione Nazionale Forense, attraverso la disponibilità delle sedi territoriali, consente il potenziamento dell’offerta di opportunità per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità; ciò non soltanto dal punto di vista quantitativo, ma anche dal punto di vista qualitativo, in considerazione della peculiarità del ruolo datoriale, e ne favorisce, altresì, l’applicazione con migliore omogeneità a livello nazionale.

La Convenzione è già applicabile da parte dei Tribunali Ordinari competenti, per tutte le sedi che sono indicate nell’elenco (suscettibile di aggiornamento) consultabile, allegato alla stessa, sul sito web del Ministero della Giustizia.

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