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In caso di cancellazione della società legittimi gli avvisi di accertamento nei confronti dei soci

Fonte: Wolters Kluwer

Qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali. Così ha stabilito l’ordinanza n. 7168/2021 della Cassazione civile.

L’Agenzia delle entrate aveva notificato a C. I. s.r.I., nonché a C. C., quale ex amministratore e liquidatore, avvisi di accertamento con i quali, relativamente agli anni di imposta 2003, 2004 e 2005, venivano recuperati a tassazione, a fini Iva, Irpeg, Ilor e Ires, ricavi non dichiarati in relazione alle vendite di alcune unità immobiliari; altrettanti avvisi di accertamento, poi, erano stati notificati ai soci C. A. e L. B. a titolo di recupero del maggior reddito di partecipazione non dichiarato, attesa la ristretta base sociale.

Avverso i suddetti atti impositivi gli ex soci e l’ex amministratore avevano proposto separati ricorsi che, a seguito di riunione, erano stati accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Pisa.

Avverso la sentenza del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello.

La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che, poiché la società era stata cancellata dal registro delle imprese in data 25 novembre 2005, gli avvisi di accertamento, in quanto intestati alla società estinta, erano da considerarsi nulli, così come gli atti conseguenziali notificati ai soci e al liquidatore, nei confronti dei quali era mancata una precisa individuazione di responsabilità personale e diretta.

L’Agenzia delle entrate ha, quindi, proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

E’ fatto pacifico tra le parti che, relativamente al recupero delle imposte societarie, gli avvisi di accertamento erano stati “intestati” alla società, sebbene già estinta per intervenuta cancellazione, ma erano stati notificati ai soci in data successiva alla cancellazione.

Va, quindi, evidenziato che, dopo la riforma del diritto societario, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.

Nel Caso di specie, la pretesa, stando a quanto si evince dal contenuto degli avvisi di accertamento, riprodotti da parte ricorrente nel rispetto del principio di specificità, era stata fatta valere direttamente nei confronti dei soci a titolo di successione nel debito societario, atteso che era stato evidenziato espressamente che il presupposto normativo era da individuarsi nell’art. 2495, comma secondo, cod. civ.; in sostanza, i soci, cui gli avvisi erano stati notificati, ebbero chiaramente specificato negli avvisi di accertamento che sì trattava di una pretesa che, sebbene riconducibile a maggiori redditi imputabili alla società per sottofatturazione delle vendite effettuate, era a loro rivolta a titolo successorio, atteso il chiaro riferimento alla previsione di cui all’art. 2495, comma secondo, cod. civ., che attiene proprio alla pretesa nei confronti dei soci in caso di cancellazione della società; sotto tale profilo, non corretta è la linea difensiva di parte controricorrente secondo cui si trattava di una pretesa “incontestabilmente avanzata nei confronti della società” e che i soci avevano unicamente ricevuto la notifica.

Esito:

Cassa, con rinvio, la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, n. 652/16/2014, depositata in data 27.3.2014

Riferimenti normativi:

Art. 2495, comma 2, c.c.

Cassazione civile, Sez. V, ordinanza 15 marzo 2021, n. 7168

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