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Legal design. Come cambiare moduli e documenti legali per renderli comprensibili da subito ai clienti e uscire dal «giuridichese»

Il processo di digitalizzazione accelerato dalla pandemia porta le professioni ad un cambiamento radicale anche nel linguaggio e nel modo in cui avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e professionisti tutti comunicano con il mondo circostante.

Le professioni stesse sono cambiate poiché sono cambiati il cliente, le sue esigenze e lo scopo finale della relazione professionista- cliente. Se fino a qualche anno fa la reputazione e il passa parola erano gli elementi necessari e sufficienti per affidare le proprie questioni legali o fiscali ad un professionista, oggi il cliente chiede di capire, di conoscere ciò che lo riguarda, gli effetti che avranno le azioni e le strategie legali messe in campo. Oggi i clienti hanno accesso a una molteplicità di informazioni e di fonti, alla possibilità di confrontare e valutare; non è più, per molti di loro, accettabile un linguaggio tecnico e incomprensibile.

In soccorso di questa esigenza è stato sviluppato il legal design: terreno multidisciplinare che mette insieme professionisti, comunicazione, linguistica, analisi delle informazioni e dei dati, organizzazione e gestione dei processi. L’obiettivo è rendere l’esperienza del cliente degli studi (non solo legali) non frustrante. Il legal design ha lo scopo di rendere fruibile e comprensibile dall’utente contratti, pareri, modulistica definendo l’esperienza della relazione con il professionista come soddisfacente e gratificante.

Non bisogna però scambiare il legal design con un operazione di make up dei documenti; non è sufficiente infatti dare una veste grafica ai documenti. Né si può cadere nella considerazione che rendere comprensibile significhi banalizzare e semplificare.

Le verifiche preliminari

Occorre partire dall’analisi del contesto di riferimento: i documenti, la modulistica, i pareri, i contratti prodotti dai professionisti a quale utente/cliente finale si rivolgono?

In campo legale, ad esempio, la forma e il contenuto della comunicazione sono (o dovrebbero essere) diversi a seconda che ci si rivolga al general counsel di un’impresa, a un piccolo imprenditore o a un privato cittadino invece che a un giudice.

Bisogna poi chiedersi come rendere comprensibili le norme e la loro applicazione resistendo alla tentazione dei tecnicismi e delle citazioni. Anzi, spiegando con chiarezza l’impatto che queste regole hanno sui singoli casi e sulla vita e gli affari del cliente.

La modulistica della privacy, ad esempio, si presta a essere un campo elettivo per il legal design. L’articolo 12 del Regolamento europeo per la protezione dei dati personali (Gdpr) prevede che il titolare del trattamento dei dati personali dia all’interessato le informazioni in forma coincisa, con un linguaggio semplice, in particolare nel caso di informazioni destinate ai minori, anche utilizzando icone standardizzate.

I vantaggi

In pratica, il legal design riesce a rendere il lavoro del professionista più apprezzato distinguendolo dai competitor ancorati a un linguaggio e a una produzione di documenti riservata agli addetti ai lavori, senza perdere in termini di validità legale.

Così contribuisce a fidelizzare la clientela, sempre meno tentata dal cercare assistenza altrove rischiando di non ripetere, con altri professionisti, l’esperienza di comprendere meglio ciò che lo riguarda: il modulo o il contratto che sta firmando. Non si tratta quindi solo di uno strumento di marketing e comunicazione poiché coinvolge aspetti di organizzazione e tecnologici, di sviluppo dello studio, di formazione dei professionisti, di relazione con il cliente passando dal modello di fiducia quasi cieca ad uno di relazione fiduciaria, consapevole e condivisa.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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